L’affinamento della metodica ed il raggiungimento di una piu’ precisa definizione della funzione uditiva periferica e’ ormai sentita diffusamente in ambito scientifico in considerazione dell’ impatto sociale che l’handicap uditivo comporta. Una presa di coscienza sempre maggiore (da parte del mondo scientifico) delle ripercussioni dell’ ipoacusia neuro-sensoriale congenita sull’inserimento sociale e relazionale dell’individuo insieme all’ evidenza delle opportunita’ offerte da un intervento precoce, hanno reso possibile lo sviluppo di programmi volti alla ottimizzazione della procedura di screening audiologico neonatale universale. Le opportunita’ offerte dallo sviluppo di nuove tecnologie in questo campo, permettono di concentrare gli sforzi verso obiettivi di un piu’ sicuro intervento preventivo.
Su mille neonati l’1-3 per mille presenta vari tipi e gradi di ipoacusia. Tale percentuale aumenta al 4 – 6 per mille nei neonati a rischio, come rilevato nei “Neonatal Intensive Care Units”. Recenti studi hanno evidenziato che screening selettivi basati sui criteri di rischio audiologico, conducono alla mancata individuazione di circa la meta’ delle ipoacusie congenite ( la cui prevalenza e’ intorno ai 1-2 casi su 1000 neonati sani e intorno a 4-5% dei neonati considerati a rischio audiologico secondo i 10 criteri della Joint Commitee on Infant Hearing’s Position Statement). Attualmente l’eta’ media di identificazione delle ipoacusie congenite e’ compresa tra 24 e 30 mesi di vita: tra i 24-30 mesi per le ipoacusie severe e profonde; addirittura sopra i 3 anni per quelle moderate e gravi.
Come e’ noto i primi tre anni di vita sono fondamentali per lo sviluppo dei circuiti interneuronali e quindi per l’acquisizione della memoria uditiva e del linguaggio. La mancanza totale o parziale di input acustici durante questa fase, conduce pertanto ad una permanente e significativa riduzione della capacita’ psicolinguistica e relazionale con conseguente difficolta’ di integrazione socio-culturale dell’individuo. E’ ormai ben noto che l’ipoacusia durante i primi anni di vita interferisce con lo sviluppo del linguaggio. Una ridotta stimolazione uditiva ha effetti negativi sullo sviluppo della corteccia uditiva cerebrale, cosi’ come sullo sviluppo sociale, emotivo e cognitivo del bambino. La precoce identificazione di un’ ipoacusia moderata o severa puo’ prevenire i suddetti danni. Il periodo critico per lo sviluppo della parola e del linguaggio e’ considerato intorno ai 2-3 anni di vita. L’eta’ media di identificazione di un eventuale danno uditivo in Europa e negli Stati Uniti resta intorno ai 3 anni , ad eccezione di quelle zone dove lo screening uditivo dei neonati non e’ effettuato. L’ attuazione di un programma di screening audiologico nei neonati e gli eventuali interventi precoci riducono i conseguenti danni. La rilevazione delle emissioni otoacustiche od echi cocleari od otoemissioni rappresentano il test di scelta per lo screening audiologico, in particolare per quello neonatale universale. Nel 1978 Kemp registro’ la presenza di energia acustica emessa dalle orecchie con udito normale. Le otoemissioni sono segnali acustici registrabili nel meato acustico esterno che possono essere spontanee (SOAEs), evocate da stimoli transienti (TEOAEs) o prodotti di distorsione (DPOAEs). Sono determinate dalle proprieta’ idrodinamiche e meccaniche della coclea; sembrano essere prodotte dai processi microattivi delle cellule ciliate esterne ( elettro, chemio motilita’ cellulare). Sono espressioni, pertanto, della funzionalita’ cocleare. Si deve sottolineare come la coclea alla nascita sia gia’ matura. Le TEAOs sono dei segnali acustici registrabili nel condotto uditivo esterno che compaiono dopo l’invio di una serie di clicks e che presentano una durata di oltre 10 ms. Sono riscontrabili nel 98-100% di soggetti adulti normoacusici e con soglia audiometrica uguale od inferiore a 30-40 dB HL; non vengono evocate in presenza di patologie dell’orecchio medio; non danno informazioni sul tipo o sul livello di ipoacusia, ma rappresentano, in sostanza, un indice di normalita’ delle cellule ciliate esterne della coclea.
In caso di assenza parziale o totale, vera o presunta delle otoemissioni viene programmato un controllo a 3 mesi di vita che prevede la determinazione della soglia dei potenziali evocati uditivi (ABR) e, in caso di conferma della ipoacusia, un nuovo test, l’ASSR con successiva eventuale protesizzazione del piccolo paziente.
In conclusione le TEOAEs rappresentano, oggi, il test di scelta per lo screening audiologico neonatale universale, per il basso costo, per l’accuratezza, la nulla invasivita’ e per la rapidita’ di esecuzione. Nel neonato, inoltre, l’ampiezza delle risposte sono superiori a quelle dell’ adulto e pertanto assai ben valutabili. Il nido rappresenta il luogo ideale per effettuare lo screening in quanto ivi e’ possibile assicurare una ampia copertura della popolazione in studio. Inoltre i neonati nei primi giorni di vita hanno lunghi periodi di sonno e quindi il test puo’ essere eseguito piu’ agevolmente. L’incidenza di patologie dell’orecchio medio nei primi giorni di vita e’ estremamente modesta e, di conseguenza, tali patologie hanno scarse probabilita’ di influenzare i risultati dello screening. Si perdono, purtroppo, le ipoacusie ad esordio tardivo.
Per poter organizzare tutti gli “steps” dello screening devono essere disponibili tutte le risorse necessarie a completarlo: I° livello (Screening delle otoemissioni al nido), II° livello (esame ABR), III° livello (esame ASSR ed impedenzometria).
E’ necessario sensibilizzare la comunita’ sia fuori che in Ospedale, con ogni forma di pubblicita’ (giornali, radio, televisione locale). Contattare Medici di famiglia, ostetrici e pediatri del territorio; organizzare conferenze divulgative, incontri con le future madri, coinvolgere in Ospedale ostetrici, pediatri, neonatologi, vigilatrici d’infanzia, ausiliari.
Gli aspetti positivi di questo test sono rappresentati dalla rapidita’ di esecuzione, dal basso costo, dalla affidabilita’ e dalla scarsa o nulla invasivita’. L’attrezzatura utilizzata e’ poco ingombrante, trasportabile e maneggevole. Lo screening neonatale universale effettuato con le otoemissioni evocate da transiente puo’ diminuire apprezzabilmente l’eta’ di diagnosi delle ipoacusie infantili. L’Accademia Americana di Pediatria ritiene le TEOAE una valida metodica per lo screening uditivo neonatale per l’alta affidabilita’ del test, la scarsa invasivita’, il basso costo, la maneggevolezza. La prevalenza della sordita’ infantile e’ comunque piu’ elevata di quella di altre patologie congenite per le quali i neonati sono gia’ routinariamente sottoposti a screening come ad esempio:
– la fenilchetonuria (1/10.000 nati)
– l’ipotiroidismo congenito (1/3000 nati).
In Italia purtroppo non esiste una specifica legislazione che promuova lo screening uditivo neonatale. La Conferenza Europea sullo Stato dello Screening Uditivo Neonatale (maggio 1998, Milano) promuove ed auspica l’applicazione dello stesso in tutti i Paesi della Comunita’; tale screening e’ obbligatorio negli USA ed e’ stato recentemente adottato dalla Regione Campania in tutti i punti nascita, pubblici e privati, del suo territorio.
In Italia l’eta’ media di diagnosi della sordita’ profonda infantile e’ intorno ai 3 anni; il sospetto nasce spesso dalla constatazione del mancato apprendimento, da parte del bambino, del linguaggio parlato.
La diagnosi precoce, intorno almeno ai 12 mesi di eta’, consente di porre in atto la terapia protesica riabilitativa necessaria a prevenire i conseguenti disturbi del linguaggio.
Si tratta quindi di una prevenzione secondaria, mirata cioe’ ad evitare le conseguenze di una patologia e non di una prevenzione primaria mirata ad evitare la patologia.